In cosa consiste l’accatastamento e quando è richiesto dalla legge? È una domanda che spesso ci si pone quando si effettuano dei lavori di ristrutturazione di un appartamento, ma non solo. Anche quando si acquista o si vende una casa è indispensabile sapere se e come è stata accatastata e avere dimestichezza con questo concetto non solo perché è un aspetto importante della normativa edilizia ma anche perché può essere, come vedremo, un elemento che influisce sulle tasse da pagare. Diventando proprietari di un immobile, è importante conoscere una serie di aspetti e di implicazioni amministrative per avere documenti in regola e non rischiare problematiche o sanzioni. Ecco perché, di seguito, proveremo a fornire un quadro generale delle funzioni dell’accatastamento, della procedura che prevede, dei contesti in cui è richiesto accatastare gli immobili e anche delle implicazioni fiscali che gli accatastamenti presentano.
[gap]Dal punto di vista linguistico l’accatastamento può essere definito come una sorta di censimento e il catasto è il registro in cui confluiscono gli elementi censiti. Non solo gli immobili sono infatti oggetto di accatastamento ma anche, ad esempio, i terreni così come gli alberi. La volontà di registrare o di, appunto accatastare una serie di elementi nasce con la necessità di preservare gli elementi stessi, il contesto in cui sono inseriti e l’ambiente circostante. Avere una traccia dell’esistenza di un immobile con le relative caratteristiche è uno strumento di tutela e controllo dell’immobile stesso e dei diritti sia del proprietario che del contesto in cui l’immobile è inserito. Per accatastamento, quindi, si intende l’identificazione di un immobile e l’inserimento dello stesso in una categoria, come vedremo più avanti.
[gap]Il catasto immobiliare è lo strumento utilizzato dallo stato per avere memoria di tutti gli immobili presenti sul territorio e dei relativi proprietari. In Italia, sebbene il catasto abbia origini molto antiche, solo nel 1939 viene introdotta una distinzione tra il catasto dei terreni e il nuovo catasto edilizio urbano istituito definitivamente e con le caratteristiche attuali nel 1962. Oggi il catasto è gestito dall’Agenzia delle Entrate e dai comuni e come si diceva è un riferimento non solo edilizio e urbanistico ma anche fiscale. Il catasto non è solo un’organizzazione ma anche un luogo fisico, un vero e proprio archivio in cui sono conservati i registri degli immobili. Di ciascun immobile, in particolare, è annotato: collocazione geografica, superficie in metri quadri, destinazione d’uso e caratteristiche reddituali. Proprio così, perché una delle implicazioni più rilevanti dell’accatastamento, dal punto di vista del proprietario, è proprio fiscale, come vedremo di seguito.
[gap]L’accatastamento non è solo la registrazione delle caratteristiche tecniche e della collocazione dell’immobile, ma anche il suo inserimento all’interno di una specifica categoria a partire dalle sue caratteristiche complessive e soprattutto in base alla destinazione d’uso. Ciascuna categoria è identificata da una lettera maiuscola – si va dalla A alla F – e da un numero – da 1 a 11. Gli immobili destinati ad abitazione ricadono tutti nella categoria A, suddivisa a sua volta in 11 sottogruppi. Come si evince dalla tabella che segue, ciascuna categoria corrisponde a una classificazione elaborata dal catasto che individua varie tipologie di abitazione. Da quella popolare a quella signorile, dagli uffici alle abitazioni tipiche di un luogo, come specificato di seguito:
Come già detto le categorie indicate con la lettera A sono specifiche per l’edilizia abitativa, mentre tutti gli altri edifici, inclusi quelli commerciali, pubblici, adibiti a scuole o luoghi di culto, ricadono nelle categorie indicate con le lettere che vanno dalla B alla F. La categoria contribuisce al calcolo della rendita catastale ovvero il reddito che viene attribuito all’immobile e sul quale il proprietario è tenuto a pagare l’Imposta Municipale Unica (IMU) a meno che non si tratti di prima casa.
[gap]L’Agenzia delle Entrate richiede l’accatastamento sia nel caso di edificazione di nuovi immobili che nel caso di interventi su immobili già esistenti tali da influire sul classamento o sulla consistenza dell’unità immobiliare. È questo, ad esempio, il caso frequente del frazionamento di un appartamento in due unità abitative così come, al contrario, la fusione di due unità in un unico appartamento. Un altro caso frequente è la variazione della distribuzione degli spazi interni.
[gap]A seguito di interventi di questo tipo, l’intestatario dell’immobile deve presentare al catasto un atto di aggiornamento redatto da un professionista tecnico abilitato. Il termine entro cui presentare tale documentazione è di trenta giorni dalla data in cui l’immobile è diventato abitabile. La comunicazione tardiva prevede sanzioni.
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